venerdì 7 marzo 2008

Woodbrook e Downtown

La guest house è a Woodbrook, e che a quanto pare è la zona residenziale e più sicura della città. Residenziale si fa per dire. Si tratta solo di una griglia di stradine, piccole e dall’aspetto tranquillo (ma hanno davvero l’aspetto tranquillo o glielo sovrappongo io, in funzione di quanto mi hanno detto?), con casette separate, sempre piuttosto colorate, con dei piccoli giardinetti o più semplicemente dello spazio vuoto intorno. Alcune sono graziose, tipo la mia guest house. La maggior parte sono così così, un buon numero sono decisamente lasciate andare e un paio sono abbandonate. Insomma, non proprio una san felice. Anche la tranquillità è relativa, qui in casa ad esempio ci sono le sbarre di ferro alle porte e alle finestre, tutte rigorosamente chiuse con lucchetti e controlucchetti e chiavistelli.

Il primo giorno a Port of Spain, dopo aver fatto un timido giretto a Woodbrook ed essere rimasta qualche ora a leggere in camera, ho preso il coraggio a due mani e mi sono diretta a dowtown, il vero centro e cuore della città, che a quanto c’è scritto sulle mie carte è safe di giorno e forbidden di notte. Ho studiato bene la cartina perché non bisogna tirarla fuori in mezzo alla strada, ho indossato un aria sicurissima di me e sono uscita. Dal mio quartiere al centro c’è una zona un po’ vuota, bianca e grigia, in cui non mi è piaciuto molto passeggiare, anche perché c’era poca gente per strada e nessun negozio. Invece, downtown mi ha fatto un’impressione completamente diversa e positiva. Mi aspettavo che mi sarei sentita in pericolo, invece tutta la fiumana di gente intenta nello shopping del sabato pomeriggio non solo mi ha rassicurata tantissimo, ma mi ha anche messo allegria, e mi ha fatto venire voglia di entrare nel negozi.

Sono entrata solo in uno, in una libreria, forse perché ho pensato che mi ci potessi sentire più a mio agio che altrove. Chissà, magari avrei potuto trovare uno dei libri scritto da qualche romanziere locale, so che uno anni fa aveva vinto addirittura il Nobel… Invece no, le mie speranze si sono schiantate subito contro la fila di libri evangelici ed ecclesiastici in cui si insegnano i 10 steps per diventare un credente di serie A o il senso della vita secondo il santone della baia accant. Un titolo, in particolare, mi ha strappato un sorriso: “How to prepare a sermon”. Me l’ero sempre chiesta, se qualcuno insegnasse ai preti la retorica dell’omelia. E a proposito di sermoni, stamattina in tv non c’era altro. Avevo acceso con la speranza di vedere CNN, e ho trovato una sfilza di canali, ognuno col proprio predicatore, che insegnava in tv come si prega e come si vive, qualcuno con grida ispirate, qualcuno con fare confidenziale, qualcuno cercando di vendere il proprio libro on-line. E in tutte, immancabilmente, c’era in sovrimpressione la prayer line da chiamare per consigli sull’orazione. Fantastico.

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