venerdì 30 gennaio 2009

Favole di Trinidad

Princess. Una ragazza olandese dai genitori cinesi. Atterrata a Trinidad ad Agosto, spuntata in ufficio vestita di verde. L'ho definita amabilmente girly girl. Carinissima, finissima, femminilissima. E' arrivata come UN volunteer, ha bazzicato a UNDP per qualche giorno, poi ha cominciato a lavorare al Governo. Un paio di volte siamo andate a mangiare insieme, e abbiamo piu' o meno cominciato a frequentarci. Ho scoperto che e' una tax lawyer, che ha piu' paia di scarpe di Carrie di Sex and The City, e che ciononostante ha girato tutta l'India con uno zaino sulle spalle. Con il suo ragazzo olandese con cui sta da 14 anni. Parla infdifferentemente Fiammingo, Cinese ed Inglese, adora il buon vino e ha lavorato ad Hong Kong. Insomma, un tipino interessante.

Sono io che le ho ho fatto conoscere The Cat, l'architetto Portoricano, una sera a caso verso settembre. In meno di due settimane e' stata chiusa la storia d'amore europea ultradecennale. E si e' aperta una bellissima nuova pagina con il ragazzo caraibico che le ha rubato il cuore. Ora vivono insieme, hanno deciso di sposarsi. ogni tanto vado a trovarli, stanno in una bella casa con piscina, con il mosaico di un delfino azzurrio sul fondo. E ogni volta che mi ci tuffo penso a quanto e' bella la storia buffa del Gatto e della Principessa.

ONU III

...Continua.

9. Un altro metodo per spendere soldi che va di gran moda e che a mio parere e' totalmente inefficiente e' l'organizzazione di trainings, workshops, seminari. Se la polizia e' violenta, facciamo un bel training sui diritti umani a 25 poliziotti. Se le ONG sono incapaci, facciamo un workshop di due giorni in project management ai loro capi. E allora si chiama un consultente, si organizza l'evento, albergo catering e quant'altro, materiale hotel e trasporti. Un progettino da qualche migliaio di dollari facile facile. Peccato che per cambiare le cose in modo sostanziale un paio di giorni di training a 25 persone non facciano praticamente nulla. Bisognerebbe cambiare tutta l'accademia della polizia. Bisognerebbe inserire un corso di project management permanenete nelle universita', che duri un semestre e vanga impartito a generazioni di studenti. Questi sarebbero progetti davvero utili. E lenti. E difficili. E con meno spese, dato che si tratterebbe di convincere il Governo a cambiare le cose, piuttosto che orgaizzare corsi in prima persona. Allora e' meglio il training, e finiamola li'.

10. Come puo' mancare un punto sulla burocrazia? L'ONU e'un'organizzazione di portata mondiale, quindi per forza deve avere regole ferree. Altrimenti e' il delirio. Ad esempio il fatto che ci siano regolamenti rigidissimi e cavillosi per gli appalti e' doloroso ma doveroso, altrimenti la corruzione ramperebbe. Pero' alcune cose potrebbero essere diverse, piu' spontanee e flessibili. Come l'uso della tecnologia. In tantissimi uffici in Europa tutti i dipendenti devono utilizzare una chat in ufficio per comunicare fra di loro. Meno invadente e piu' immediata della telefonata, utile per scambiarsi documetni virtuali al volo, per creare legami interpersonali tra colleghi. Qui non se ne parla. Stessa cosa per i gruppi facebook. Sarebbe utilissimo aprirne qualcuno per facilitare gli scambi di informazioni tra agenzie diverse. Quanto sarebbe comodo avere un gruppo facebook sull'HIV/AIDS a cui potrebbero accede UNDP, UNAIDS, PAHO, UNFPA e UNICEF? Quando ho sollevato la proposta mi hanno guardata come se fossi scesa da marte. "E' giovane!", avranno pensato."Le piace scherzare..."

ONU II

....continua

6. Alle agenzie ONU piace avere programmi "ambiziosi". Che tradotto in linguaggio non-ONU significa: irrealizzabili. Piace inserire tra i propri obiettivi "rafforzare la societa' civile". Ma tutti sanno che e' un compito impossibile da realizzare, cosi' come e' formulato. Troppo ampio, troppo vago, troppo generale. Sarebbe piu' onesto scrivere tra i propri obiettivi qualcosa come "aumentare del 5% la partcipazione della societa' civile alle consultazioni pubbliche rispetto all'anno precedente". Ma obiettivi come questo fanno paura. Perche'? Perche' esigono risultati concreti.

7. Benche' contro-intuitivo, il guadagno di UNDP dipende da quanto spende. Piu' spende, piu' guadagna. Cio' si spiega perche' il compito di UNDP e' realizzare dei progetti, e i progetti si realizzano spendendo soldi. I soldi spesi possono arrivare da varie fonti: dai quartieri generali, dal settore privato, o dal Govverno. Nel caso di Trinidad visto che e' un paese ricco i soldi arrivano quasi tutti dal Governo. Sui soldi spesi, una percentuale o commissione resta a UNDP. Per quanto ragionevole, si tratta di un guadagno, il che di per se' manda a pallino la nozione di no-profit. Anyway. Il fatto che piu' si spende piu' si guadagna incita a realizzare progetti che costano tanto, a prescindere dai risultati. Non proprio un criterio di efficienza.

8. Visto che nei paesi non sviluppati tutto funzina lentissimamente, UNDP e agenzie simili devono trovare il modo di spendere i soldi a loro disposizione in fretta. Se ne spendono meno del previsto, l'anno seguente il loro budget si abbassera', a prescinedere dalla fonte di finanziamento. Quindi, vengono privilegiati i progetti di facile esecuzione. Come contrattare UNV volunteers per qualche anno. Per spendere dei soldi non c'e' nulla di piu' facile che pagare degli stipendi, mensilmente. Qualcuno gleilo dice agli UNV volunteers sul terreno che vengono definiti "una facile fonte di guadagno"?

ONU I

In questo blog mi sono sempre trattenuta dal fare due cose. Parlare della mia intimita', e parlare del mio lavoro. Ora che il mio lavoro sta per finire, ho deciso di sbottonarmi un pochettino e di concedere qualche spazione di riflessione sul sistema delle Nazioni Unite.

In un anno seduta alla scrivania di UNDP si vedono molte cose, e invariabilemente si va altalenando da momenti di fiducia a momenti di disillusione, perdendo il conto degli uni e degli altri. Ecco qualche punto delle mie conclusioni.

1. La stragrande maggioranza di persone che lavorano all'ONU sono bravi professionisti. E' il sistema che e' un casino. La burocrazia, l'inefficienza paralizzante.

2. Il fatto che il sistema funzioni male non deve sollevare critiche banali. Lo sviluppo e' una cosa complicata. Non e' come lavorare in azienda, in cui alla fin fine l'obiettivo e' fare si' che i ricavi siano piu' alti dei costi. Nello sviluppo di parla di cambiare la mentalita' di milioni di persone. Di influenzare governi corrotti che sbandierano la loro sovranita' contro ogni argomentazione. Di aiutare le schiere di gente senza educazione e con la pancia vuota a trovare la forza di voler cambiare le cose. Non e' esattamente una cosa semplice.

3. Un paese ricco e' infinitamente meno influenzabile dal mondo internazionale di un paese povero. Se poi si tratta di un'isola dalla mentalita' chiusa, ancora peggio.

4. In un paese piccolo, non ha senso che ci siamnno 9 agenzie ONU (e 2 non-residenti), ognuna composta da una manciatina di persone. Per quanto siano bravi, tutti i loro sforzi vanno in amministrazione. Ci dovrebbe essere un ufficio solo, con un solo programma coerente. Ora come ora l'unico tentativo di una programmazione congiunta e' il fallimentare UNDAF, un documento fatto di giochi di parole. In realta', ogni agenzia segue la sua agenda, perche' i capi sono valutati dai loro singoli quartieri generali.

5. Il concetto che un paese ricco debba pagare l'ONU sul proprio territorio non puo' funzionare. Perche' a quel punto l'ONU diventa una societa' di consulenza, e non piu' un donatore. E se il governo ha bisogno di consulenti, se li puo' trovare da solo, senza dover pagare ne' ringraziare nessuno, tanto i soldi ce li ha. E poi, dove finisce la neutralita' dell'ONU, se viene mantenuto dal governo?

Ripassare dal via

Sta per finire. Tra due settimane mi scade il contratto, e questa strana avventura ONU arrivera' a una conclusione. Si chiude una porta e si apre un portone, si dice. Diciamo che si chiude una porta e se ne aprono tante. Mi sembra di essere atterrata qui a Trinidad un secolo fa. Mi e' venuto a prendere Joe all'aeroporto e mi ha portato alla guest house di Claire. Il giorno dopo mi e' passato a prendere e mi ha fattio fare un giro gratis a port of Spain e io ho mangiato il mio primo roti. L'ultimo l'ho mangiato oggi a pranzo, portato da un ragazzo che l'anno scorso non sapevo nemmeno che esistesse, andando insieme a consegnare buste a ministeri e ambasciate per un progetto che l'anno scorso non avrei mai pensato di poter fare, reduci da una riunione di un'organizzazione a cui l'anno scorso mai avrei pensato di aderire. Sono arrivata qui il 14 febbraio 2008, e il 14 febbraio 2009 andro' a un concerto del re della soca per festeggiare il giro intorno al sole trinidino. Tra due settimane avro' la mia festina d'addio in ufficio e in teoria dovrei tornare a casa. In pratica no, nonostante tutto no. Non ho un lavoro, non ho mandato applications, non ho voluto muovermi. Per la prima volta dalla fine del liceo, mi sono liberata dal giogo della paura di perdere tempo. Resto per Carnevale, magari ci partecipo pure. Poi me ne vado in Brasile, mi regalo un sogno maturato in 9 anni di attesa. Poi ripasso di qui. E a quel punto vedremo dove mi portera' il vento.

giovedì 29 gennaio 2009

Gatta

Dopo qualche giorno che avevamo un gatto abbiamo scoperto che in realta' e' una gatta. E cosi' l'abbiamo chiamata. Gatta. Oramai ha quasi tre mesi ed e' grandicella, ma si comporta ancora da cucciola. Corre come una matta, mordicchia per giocare, attacca stringhe e spaghi, salta come una scimmietta. Ci viene incontro quando arriviamo a casa, dorme con noi, guarda la tele con noi, ci aspetta in bagno quando facciamo la doccia. E' praticamente un cane. Un gatto-cane-scimmia. E' il giocattolo migliore del mondo. La guardiamo per ore mentre gioca con le scatole e le palline colorate, mentre rincorre il bastoncino e si morde le coda. Vengono tutti gli amici del quartiere a giocarci, dicono che non hanno mai visto un gattino tanto socievole. E infatti ci vuole molto bene. Ci manda sempre bacini socchiudendo gli occhi, e ogni tanto ci da' una leccatina, che nel linguaggio dei gatti e' the ultimate sign of affection.

Fetes

Siamo in piena Carnival season. Da Santo Stefano a Carnevale, non si parla d'altro che di feste, non si ascolta altro che soca, il paese intereo freme nell'attesa dell'esplosione collettiva che avverra' il 23 e 24 febbraio. La cosa piu' bella che caratterizza il periodo del carnevale e' la lunga serie di fetes che precedono. Le fetes (la parola francese e' rimasta intrappolata nella lingua) sono enormi feste in cui ci si raccoglie a bere, mangiare e soprattutto ballare, ogni venerdi', ogni sabato e ogni domenica per tutta la stagione. Ogni week-end ci sono 6-7 fetes tra cui scegliere. Negli ultimi 12 giorni prima del Carnevale ci sono almeno due fetes a sera. Putroppoo costano un sacco, dai 40 ai 100 dollari americani a botta. Il che significa che non e' possibile andare a tutte, bisogna mettersi a tavolino, studiare il calendario e decidere. Ma vale la pena di spendere, sono ritrovi grandiosi, con tutto incluso, siucrezza e gadgets e drinks ad infinitum e concerti dal vivo e un davvero casino di gente. Una volta che si ha il biglietto, ci si tutta dentro e si festeggia fino allo sfinimento.

Ghetto

Mister K stava esplorando il suo quartiere. Non suo nel senso che ci abita, ma suo nel senso che se ne deve prendere cura. E' uno degli inviati dal Ministero della Sicurezza Nazionale nelle aree piu' pericolose del paese per cercare di capire come risollevarle. Parlando con la gente, guardandosi intorno, creando occasioni di incontro con gli abitanti per sentire le loro richieste. Che variano dalla costruzione di un campo da pallacanestro all'apertura di un centro di accoglienza per ragazze madri. Ci e' andato per la prima volta qualche settimana fa, e si e' avvicinato ai ragazzi del muretto per capire che aria tirava. Ha sfoderato la sua voce da ghetto e li ha fatti cantare per un'oretta. Alla fine la butta li'. "Magari facciamo un meeting settimana prossima con un po' di gente del quartiere..." D'un tratto il loro capo si blocca. Sorride sardonico e solleva lo sguardo lentamete al di sopra dei suoi occhiali da sole. "E dove lo vorresti fare questo meeting?", chiede. "Mah, troviamo un posto qui vicino...", risponde K sospettoso. Il ragazzo scuote la testa e abbassa lo sguardo. "Amico, lascia che ti spieghi una cosa. La vedi questa zona? E' in guerra aperta con la banda dell'altro caseggiato. Non ti consiglio di fare il tuo meeting nel nostro territorio. Penserebbero che sei un nostro nuovo alleato. Arrivano in gruppo. E ti sparano in testa".

venerdì 16 gennaio 2009

Down the islands II

Dopo tanto tempo lo scorso fine settimana sono andata "down the islands". Le "islands" sono una catena di isolette disabitate che si snocciolano fino al Venezuela, tutte punteggiate di bellissime ville acquatiche accessibili solo in motoscafo. Si trattava di un invito da parte di "amici di amici di amici" per una festina improvvisata in riva al mare, che ho accettato piena di curiosita'. Siamo arrivati a destinazione verso le tre di notte, dopo un lungo rendez-vous al bar e una mezz'ora di traversata marina notturna. Il posto era magico, stellato e silente. Il palazzo-palafitta dai toni caraibici si trovava al centro di una piccola ansa boscosa. Non ci potevo credere. Era cosi' vicino all'acqua che ci si poteva tuffare dal tetto. E io non ho potuto resistere. Mentre gli altri aspettavano l'alba ballando sull'enorme terrazza, io sono scomparsa nell'acqua nera come la pece.

venerdì 2 gennaio 2009

Buon anno!

Buon anno e un affettuoso grazie a tutti coloro che in questi mesi hanno avuto la pazienza di leggere le mia avventure (e che avolte si sono precipitati a scrivermi o telefonarmi per commentare a caldo quello che mi stava succedendo). Presto seguiranno aggiornamenti sulla mia bellissima vacanza in un nuovo angolo dei Caraibi...