venerdì 7 marzo 2008

Mas II

Mas non era drogato, l’altro giorno. Ho capito male. Eccola, qui, un’altra smentita, un’altra prova di quanto sia difficile capire, qui, per me, cosa significhino le cose. Era solo sotto stress. “Si vede che qualcosa lo preoccupava”, mi ha detto Wilma, “e ciò gli faceva perdere il controllo nel fragile equilibrio della sua psiche”. Troppa rabbia dentro, troppo dolore e troppa umiliazione, che sotto pressione escono in questo urlo deformato che io ho scambiato per alterazione chimica. Me lo raccontava stamattina mentre bevevo il caffè, avevo già indosso la mia giacchetta nera e la matita sugli occhi. E’ uno dei ragazzi di strada raccolti da suo figlio, nel YMCA. Cresciuto in ambiente violento, con i genitori che lo picchiavano, in un contesto sociale allucinante a Laventille, il primo dei posti forbidden a tutte le ore del giorno e della notte secondo le mie istruzioni. L’hanno accolto al centro da piccolo, e anche ora che ha venticinque anni Wilma lo tiene qui e cerca di seguirlo, bene o male, come può fare una nonna. Quando è calmo è un ragazzo normale, ovviamente di cultura limitata, ma gentile. Ha salvato la pianta di tè di Orisha che stava per seccare.

E poi prima che uscissi Wilma me ne ha detta un’altra, di cosa, che mi ha agghiacciato più di tutto. Non trovo nemmeno la forza di scriverlo. Il fratello di Mas è stato ammazzato, sei mesi fa. A Laventille, in una rissa. C’era di mezzo una ragazza e l’onore di qualcuno e l’hanno accoltellato. Fatto fuori. E ora Mas ha una nuova ossessione, un altro pensiero che lo perseguita e lo fa svegliare di notte. L’incolumità del suo fratello minore.

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