L'altra sera ero in macchina con Orisha e il suo amico Gliss, fermi ad aspettare un terzo uomo che era andato ad un Chimico locale a prendersi dei pallini di mais fritti da intingolare nel curry - l'equivalente dei nostri panini luridi di mezzanotte. Dal silenzio, Gliss se ne esce con una domanda stranissima. Vivian tu dici parolacce? Io penso stia scherzando. No, mai, non so nemmeno cosa significhino. Orisha mi smentisce. Non e' vero, una volta l'ho sentita dire fuck. Ma sono impazziti?
Poi ho capito, come al solito con un ritardo di qualche giorno, incidentalmente. Qui dire parolacce in pubblico e' ancora un crimine. Pazzesco, se si pensa al livello di criminalita' vera, concreta, nuda e cruda che circola in questo paese.
Venerdi' ero in questo baretto, un localino d'angolo, solo un gran bancone e sbarre di ferro tutte intorno a proteggerlo da eventuali assalti. Ci passavo le birre tra una sbarra e l'altra. Un posto tranquillo, tre o quattro persone dentro, fumo, scazzo. Serata liscia, camerieri stanchi, pavimento sporco. E appeso al muro tra manifesti veri un caretllino bianco, paradossale e moralista. "Per favore niente parolacce".
venerdì 7 marzo 2008
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