venerdì 7 marzo 2008

Orisha parla

Le ho chiesto se ha un ragazzo, e lei mi ha risposto una specie.

E’ un marinaio, viene sull’isola ogni tanto. Non è che siamo insieme - Però gli sono fedele - Però non lo amo. Perché l’Amore non esiste, l’Amore è un illusione. Come l’amicizia e il come-stai-sto-bene. Frasi fatte, definizioni, che intrappolano il flusso dell’esistenza. Viviamo, alive, tutto qui, e non c’è niente da spiegare, da sottotitolare. Passiamo del tempo con gli altri, con alcuni stiamo bene, con altri stiamo male. Attimo per attimo. Proiettare una sensazione all’infinito nel futuro e chiamarla Amore è assolutamente ridicolo.

E simmetricamente, logicamente, lo stesso assunto liquidatorio Orisha lo applica al passato. Forse perché fa troppo male, tanto vale pensare che non sia nemmeno esistito. Le facevo domande, giusto per. Domande innocue del tipo hai fratelli. Roba così, a cui di solito alla gente fa piacere rispondere, lì mentre cucinava gli spinaci nella gabbia. Ma dopo due minuti di conversazione stantia lei si blocca e si mette a guardarmi negli occhi in modo così fermo e solenne, come per dire sto-per-dirti-una-cosa-e-te-la-dico-una-volta-sola. Non mi piace parlare della mia vita. Va bene?

Orisha vive così, senza passato e senza futuro, senza definizioni, senza forme. Una vita completamente a-teoretica, tutta pratica. Esiste solo quello che faccio in questo momento, esiste solo questa gabbia-cucina e me e te che passiamo insieme le nostre solitudini e gli spinaci che ti sto cuocendo col curry. Esistono solo i bambini del YMCA e i preservativi che metterà nei negozi così finalmente la smetteranno di beccarsi l’AIDS a caso. Esiste la poesia sui suoi scaffali semivuoti, che le dà un istante rapido di trascendenza, l’unica trascendenza solitaria che accetta. Il suo marinaio grosso e nero che indossa solo una rete sporca e degli occhi buoni se la porta via ogni tanto, fin dentro sé stessa, in un luogo dove c’è solo silenzio. E lei ci si addormenta.

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