sabato 28 marzo 2009

Esperienze sparse di vita paulista

Sono andata a prendere un caffé con una studentessa di architettura dell'università di San Paolo nel bar della Pinacoteca Nazionale. Ho mangiato un pastel al cuore di palma e succo di canna da zucchero alla fiera hippie di Benedito Calisto. Sono andata a una festina di conpleanno di un ragazzo nippo-brasilero e ho ballato nel suo giardino. Sono andata a nuotare in una piscina all'aperto con un'allenatrice bralisiliana che mi correggeva lo stile. Ho passegiato nel bairro Liberdade, sede della più grande colonia giapponese del mondo, e ho comprato delle caramelline allo zenzero in un negozio pieno di ideogrammi. Sono andata a pranzo dai nonni brasiliani di Amanda e ho gustato la loro buonissima cucina. Sono stata invitata in uno dei club più esclusivi di San Paolo in zona Pinheiro, e ho guardato un film nel loro cinema. Ho mangiato empanada e succo di cajù (anacardo) con una nuova amica. Ho mangiato sushi a rodisio (as much as you want) con Amanda, parlando all'infinito. Sono entrata nel centro culturale Britannico e ho pasato tre ore a sfogliere le loro riviste. Ho cuinato una pastasciutta ad una famiglia di Brasiliani sconosciuti. Mi sono comprata delle Havaianas a meno di 10 euro. Ho mangiato un panino Bautù con limonata. Ho visto centinaia di bellissimi murales. Ho bevuto una birra e mangiato patatine di manioca (che non è altro che la cassava!) in un bel bar in Vila Madalena. Ho comprato un abbonamento della metro paulista. Ho sperimentato un milk-shake al Fifties. Ho sperimentato un succo di limone e lette conensato sfogliando una rivisa di viaggi in un bar-edicola. Ho comprato vesitini in una traversa di avenida Faria Lima. Ho passeggiato nella Libreria cultura e guardato le vetrine nel centro commerciale superchic Ipiranga. Ho ammirato i grattacieli di San Paolo dalla cima dell'Edificio italia. Ho sentito il forro' suonato alla ferata dell'autobus sull'Avenida Paulista. Mi ono sduta su una sedia scavata in un tronco d'albero nel mezzo del giardino di Trianon, un fazzoletto di mata atlantica nel cuore della metropoli.

Architettura

Il brasile è un paese del nuovo mondo. Non è pieno di monumenti antichi, di palazzi storici, di catterali gotiche. Ma come in tutto il resto, questa carenza rispetto all'europa lascia spazio per la crescita di qualcosa di nuovo e originale. Da quanto ho potuto capire, la caratteristica dell'architettura Brasiliana è quella di adattare l'umanissima tradizione Europea con le sensazioni vitali date da un ambiente naturale brulicante del più grande patrimonio floreale e faunistico del mondo. Proprio per questo l'architettura brasiliana supera i propri confini tradizionali per arrivare ad abbraciare temi di paesaggismo e di urbanistica. L'Università di San Paolo USP - che è in generale ritenuta la migliore università in Sudamerica - ha un'importante facoltà di architettura e urbanismo che ospita fra i più grandi esperti a livello internazionale. La comunità Giapponese di San Paolo ci va a nozze, e la corrente di architetti nippo-brasilera è fiorente.

In questi giorni è il centesimo anniversario dell'architetto e urbanista Brule Marx, ispirato da Le Corbusier e a sua volta ispiratore di Niemeyer, l'architetto-genio che ha progettato Brasilia (e il palazzo Mondadori vicin a San Felice). Ho visto una mostra di bozze e disegni di Burle Marx a San Paolo, e oggi a Rio ne ho vista un'altra che ripercorreva tutta la sua produzione artistica, che spazia da bozzetti a matita, dipinti, stoffe, arazzi, gioielli, scenografie, costumi e ceramiche. Un'arte astratta ma morbida, calda, curvilinea e naturale, ispirata dalle forme e ai colori del paesaggio brasiliano. Il suo capolavoro sono i giardini e i viali. Ne ha progettati tantissimi, uno più bello dell'altro. A Miami, in Venezuela, ma soprattutto a Rio de Janeiro. Dove mi trovo adesso.

Stamattina sono sono uscita di casa e sono andata sulla spiaggia di Copacabana, a bermi un cappuccino con Ana e Stijn. Parlavamo del Brasile e guardavamo il mare. Dietro di noi si stendeva tutto l'arco della meravigliosa Avenida Atlantica progettata da Burle Marx, e pavimentata con lunghi marciapiedi in bianco e nero con bellissime greche dal sapore astratto.

mercoledì 25 marzo 2009

Cultura a San Paolo

Finalmente a San Paolo ho fatto un po' di sano turismo culturale. Esattamente ciò che cercavo in una grande metropoli, dopo più di un anno di vita in una piccola cittadina caraibica. Sono stata piacevolmente sorpresa da questo lato di San Paolo. La cultura è ben presente e ben promossa, nonostante ci si trovi indubbiamente nel nuovo mondo. Ci sono molti centri culturali, almeno uno per quartiere in quello che si chiama il "centro espandido". Con esposizioni, workshop di teatro per tutte le età (anche per i vecchini!), conferenze, presentazioni di libri, spettacoli di danza e un immancabilmente anche unbar dove mettersi a leggere sorseggiando una tazza di cappuccino fatta con tutti i crismi.

I libri sono diffusi, anche se non a basso prezzo. Nelle edicole si trovano facilmente i classici letterari, proprio come in Italia. Inoltre esistono bellissime librerie multipiano con un bar interno o una comoda zona lettura con mega-puff dove ci si può accoccolare sfogliando un libro preso dallo scaffale. Questa commisione tra cultura e caffé esiste anche in senso inverso. Ci sono anche dei bar sulle cui pareti si trovano libri e riviste da sfogliare e da comprare. Insoma qui a San Paolo si vive molto fortemente la culturà del caffé letterario nata nell'illuinismo europeo e di cui Milano era una vera capitale ai tempi di Manzoni, Parini e Beccaria! Quanto contrasto con la piccola Port of Spain, dove la cultura del caffé non esiste proprio. Tanto che Mister K mi ha addirittura chiesto durante una delle nostre ultime conversazoni "Ma tu che cosa intendi per bar?"

Se i libri sono ancora un po' cari, mostre e musei sono accessibilissimi. Da quando sono qui ho visto una mostra di quadri del famoso architetto brasiliano Burle-Marx, la bella Pinacoteca nazionale, il MASP, che è il più imprtante museo di belle arti di San Paolo, con collezione permanente e mostra stagionale, una casetta-museo art nouveau, un esposizone di giovani artisti brasiliani e un paio di altre mostre fotografiche minori, tutto senza spendere un soldo. E' piacevole vivere in questabbondanza di occasioni culturali, così accessibili e semplici da trovare.

La Pinacoteca e il MASP sono bei musei, di cui l'architettura dell'edificio è certamente la cosa più interessante. La Pinacoteca è una grande, antica costruzione che è stata tutta ridecorata in chiave modernissima. Quindi ancora adesso si ha la coestistenza di superfici ruvide in mattoni grezzi e superfici liscissime di vetro, acciaio e pietra bianca lucida. Il MASP è un grande parallelepipedo nero che oscilla sospeso nell'aria, retto da colonne sottilissime e inconiciato da una struttura rosso-fuoco. Le loro collezioni non sono all'altezza dei musei Europei. Sono interessanti e hanno dei pezzi, ma sono limitate. Come ho detto prima, si avverte percepibilimente di essere nel nuovo mondo, in cui la storia e le vestigia del passato non pesano troppo sul presente.

Per questo forse si dà tanto spazio alle mostre dei giovani, alla fotografia, alle esposizioni di video. C'è un grande spazio di cultura disponibile, anche tutto da riempire. Anche nelle arti si avvera ciò di cui mi ero già accorta nel settore del lavoro. Siamo fuori dall'Europa, siamo in un mondo senza storia. In cui c'è ancora tutto da costruire, e i giovani sono incoraggiati a farlo.

martedì 24 marzo 2009

Riflessioni sul Brasile

San Paolo è una città cosmopolita.Una metropoli gigantesca, caotica, colorata ed inquinata. Ciò che più sorprende a San Paolo è l'esuberante varietà delle forme e dei colori. Ogni strada è diversa da tutte le altre. Ogni casa in ogni strada è diversa da tutte le altre. Ogni finestra in ogni casa in ogni strada è diversa da tutte le altre. Il Brasile è un inno alla differenza, all'espressione della personalità, alla singolarità dell'esperienza. Nulla è classificabile, nulla è definibile, perchè tutto vive esclusivamente della propria unicità, al di fuori di ogni concetto classificatorio.

La pluralità dell'esperienza di San Paolo non è solo architettonica. Il miscuglio etnico-culturale è sorprendente. Non si vede un volto simile ad un altro per lineamenti, incarnato, espressione. Asiatici, mulatti, caucasici, africani, giapponesi, ispanici, portoghesi, medio orientali. Ma il tratto più di distintivo di questa pluralità non è la sua semplice presenza. E' piuttsto l'assenza (o quasi) di raggrupamenti sociali lungo linee etniche. Anche se esistono quartieri più spiccatamente (per fare un esempio) giapponesi o italiani, le persone nella vita quotidiana non si raggruppano secondo la loro discendenza, come invece avviene in modo così marcato nei Caraibi. Questo tipo di conformismo non è contemplato nello spettro del possibile. Se raggruppamenti rispetto a principi socio-economici sono inevitabili, questi non comportano nessuna osservabile componente etnica.

Per tutto questo il Brasile è al tempo stesso così ricco e caotico. Ci sono decine di partiti politici, centinaia di stazioni radio, un proliferazione di scuole di pensiero. La vivacità è bella, ma a volte difficilmente gestibile. E' un mondo in cui tutto convive con tutto, contemporaneamente strepitoso e strepitante.

mercoledì 18 marzo 2009

Brasiu!

Ieri sono arrivata in Brasileeeeeeeeee! Il viaggio è durato più di 24 ore, quindi ieri l'ho passato tutto in casa con la mia Amanda a chiacchierare nella sua cameretta. Ci voleva, un bello spazio iniziale dedicato solo alle parole. Ci siamo aggiornate su oltre un anno di vita senza vederci, e che anno! Io a Trinidad, lei qui in Brasile. Parlare, parlare, parlare. Mostrarci foto. Fare piani per i prossimi giorni. Mangiare mango bello maturo, bere caffè fatto con la moka, tostare panini e spalmare formaggio fresco prodotto dalla comunità austriaca di Sao Paolo. Ascoltare ore e ore di musica bellissima, che ho già promesso di saccheggiare a piene mani. Musica brasiliana, elettronica, africana. Lei mi raccontava dei viaggi nel Maranhao, io in Guyana. Io parlavo di Grande Rivière, lei dell'Ilha Bela. Ci andremo a Pasqua. Abbiamo deciso di andare a nuotare, lei si allena tutti i giorni. Abbiamo deciso di fare turismo culturale a San Paolo. Martedì andremo al museo MASP, oggi andiamo a vedere il centro storico. C'è un'amaca in soggiorno. Ci sono due cani enormi neri,. Lei mi prepara la colazione con la marmellata di uva di sua nonna. Io le ho portato una maschera per capelli Giamaicana al burro di cacao e braccialetti di cocco. Fa caldo. Sulla scrivania ci sono ciotoline piene di semi delle foreste nordestine e fiori secchi. Nella stanza ci sono oggetti in bambù fatti a mano e cuscini turchi. Siamo una megalopoli di diciassette milioni di abitanti. Ieri sera Mister K mi ha detto che ha voglia di venire...

martedì 17 marzo 2009

Ricordo

Ogni notte da aprile a luglio, centinaia di tartarughe marine emergono dall’oceano e si trascinano sulle spiagge del nord-est di Trinidad. Alla luce della luna, questi maestosi animali invadono lentamente la costa sabbiosa per deporvi le loro uova. Si tratta di esseri affascinantissimi, lunghi fino a un metro e mezzo, con un muso da dinosauro e uno scudo al posto della schiena.

L’ultima volta che sono andata in quella zona non era stagione di tartarughe. “Ci accontenteremo delle stelle!”, ci siamo detti. All’arrivo però abbiamo trovato una meravigliosa sorpresa. Delle uova si erano schiuse sulla spiaggia, e decine di tartarughine grandi come il palmo di una mano giravano sulle dune argentate. Un istinto ancestrale dettava loro di spingersi verso all’oceano, ma la luce dell’albergo confondeva i loro sensi. Noi allora le abbiamo aiutate, attirandole verso il bagnasciuga con la lucina del nostro cellulare. Loro ci seguivano tutte in fila, piccolissime e eccitate, come se fossimo i loro genitori.

Terminal

Non avrei mai pensato che sarebbe potuto succedere. Quando sono passata per l’aeroporto di Miami più di un anno fa, durante il mio primo viaggio verso Trinidad, la sensazione che avevo provato era insofferenza. Non vedevo l’ora di andarmene da quel terminale-energumeno, labirintico e laccato, strabordante di negozi inutili, volgari e americani. Anche la visione di Miami dall’alto non mi aveva attratta per nulla. Una città ordinata e scintillante, tutta costituita da villette-lego ognuna con la sua piscinetta azzurra. Una vista gradevole, ma poco eccitante. Non vedevo l’ora di prendere il mio volo per Port of Spain. Ho passato le ore di attesa a leggere i miei libri, ho pranzato in una catena di fast-food biotico che non esiste in Europa (chissà com’è?), e ho accuratamente evitato tutti i negozi per non appesantire ulteriormente il mio monumentale bagaglio.

Questa volta, le cose sono andate diversamente. Dopo 13 mesi a Trinidad, in cui il posto più civilizzato dove sono passata è stata la microscopica Bridgetown a Barbados (che non differisce essenzialmente da Porto of Spain, è solo meno pericolosa), questo mi pare il paese dei balocchi. Che meraviglia! Non dover camminare con la costante preoccupazione di curare la borsetta, trovare bagni pulitissimi, corridoi dai pavimenti bianchi lucidi e indicazioni ovunque. Mi viene voglia di fare una vacanza in aeroporto. Tutti i negozi mi sembrano bellissimi e pieni di cose che effettivamente desideravo. Un negozio tutto di spazzole per capelli! Centinaia di spazzole di ogni forma, colore e tipo di setola. Ne ho presa una con il manico in legno rossiccio. Negozi di informatica. Poi mi compro una chiavetta USB così mi porto via tutta la musica Brasiliana di Amanda e di Ana. Tutta la stampa internazionale del mondo, parrucchieri e massaggiatori, piccole barrette di cioccolato fondente, incartate come gioielli. Adoro il consumismo! Voglio tutto! Questa volta niente esotismi con il cibo, ho voglia di comfort mentale. Sono andata da Starbucks, a prendermi un maledetto Vanilla Latte. E bando alle calore, mi sono anche presa un dolce. Un imitazione perfetta del ricciarello di Siena. Pazzeschi, questi americani!

Shah

Abbiamo un altro gattino! E io che temevo che a K non sarebbero piaciuti i gatti. Invece si è appassionato, è stato capace di capire completamente il loro fascino. E poi, da vero padrone modello, ha cresciuto Gatta in modo talmente affettuoso che lei è diventata quasi un cagnolino. Inoltre ha letto tutto lo scibile umano si come crescere i gatti su tutte le pagine internet dedicate al tema. Per esempio ha scoperto che i gatti strizzao lentamente gli occhi quando sono felici (mgari mentre stanno facendo le fusa). Insomma le strizzatine d'occhio sono come dei bacini nel linguaggio dei gatti. E la cosa più sorprendente è che se si parla ai gatti nella loro lingua, loro capiscono. Se strizzi gli occhi a un gatto lui si sente amato.

Erano giorni che K mi parlava di un gattino piccolissimo, biano e nero, ch gironzolava sempre vicino al suo ufficio. Gli ha anche scattato delle foto e me le ha fatte vedere. "Lo vedi quanto è piccolo?", mi diceva. Un giorno ha fatto l'esercizio degli occhi. L'ha guardato a lungo sbattendo lentamente le palpebre, e lui gli si è avvicinato ed è andato a sederglisi vicino Questo gesto è stato sufficiente perchè K decidesse di adottarlo.

Siamo andati a prenderlo il giorno dopo. Una visita dal veterinario per lavarlo e vaccinarlo e via. L'abbiamo portato a casa. Gatta all'inizio non l'ha presa benissimo. Ha sentito che il su territorio veniva invaso da un gatto sconosciuto e continuava a soffiargli addosso, arrabbiata. Lui, dolcissimo, non reagiva. Forse Gatta pensava che noi ci aspettassimo da lei una difesa della casa. Però nel giro di un paio di giorni hanno fatto amicizia, hanno cominciato a giocare assieme e perfno a mangiare dalla stessa ciotola. A volte si danno dei bacini sul naso. La cosa più dolce del mondo.

L'abbiamo chiamato Shah, cioè "re" in persiano. Che però si legge come "chat", gatto in francese. Un nome che ben sia accosta a "Gatta", che anche ha due significati. Gatto femmina, in italiano. E se scritto "gata", significa "donna sexy" in portoghese brasiliano.

Chioschetto

Sulla bellissima strada che porta a Maracas c'è un chioschetto carinissimo, in cui io e Terry ci fermiamo quasi sempre a comprare qualcosa. Si tratta di un gabbiottino giallo di 3 metri quadri massimo, in cui il rastaman Charlie vende frutta fresca della foresta. Arance, che sono diverse dalle arance italiane perchè hanno una buccia sottile da pelare con il coltello e non si dividono in spicchi. Cocchi, da cui bere l'acqua con la cannuccia e poi da spaccare per mangiare la gelatina. E canna da zucchero, vendta in pezzi da mezzo metro, da succhiare pigramente sulla spiaggia. Oh yeah!

sabato 14 marzo 2009

Accento

Ieri io e Terry abbiamo incorntrato un gruppo di Newyorkesi e abbiam passato la serata assieme. Ben tre di loro, senza essers consultanti, mentre chiacchieravano con me hanno esclamato: "Che carino! Hai preso proprio l'accento di Trinidad!".

Lopinot

Martin Lopez mi ha messo in mano due maracas, e ha dato a Mister K un piccolo strumento composto da un legnetto e un bastoncino. Poi, senza darci troppe spiegazioni, ha afferrato un chitarrino si è messo a suonare e cantare a squarciagola. Noi, senza sapere cos'altro fare, abbiamo cominciato ad agitare e percuotere i nostri strumenti, prima maldestrmente, poi sempre più entusiasmo. In men che non si dica, avevamo creato un concertino di parang, la musica di origine latina che è stata assorbita da Trinidad in qualche momento imprecisato della storia. Lui canta e noi suoniamo, lui e suona e noi cominciamo a ballare. La casetta-museo sulle montagne di Lopinot diventa un piccola festa a tre.

Quando la musica finisce, lui ci sorride e racconta. "Lopinot è un villaggio antico, fondato dal conte francese omonimo che aveva cento schiavi e un palazzo. La popolazione di Lopinot è ancora mezza indigena, li vedete i tratti centramricani?". Noi annuiamo, ancora inebriati dalla musica. "Ma soprattutto, Lopinot è la patria del parang a Trinidad, il vero cuore di questo bellissimo genere musicale. Sapete di chi sono queste fotografie nel museo? E sapete di di chi sono quelle statue nel giardino? Sono i grandi parranderos di Trinidad. Che tra l'altro sono miei antenati". Noi ci avviciniamo alle foto e lui ci enuncia orgoglioso i loro nomi. E poi, prima che ce ne andassimo per fare una camminata al fiume, ci dice bisbigliando. "E se tornate fra vent'anni, tra quelle quattro statue ci sarà anche la mia. La stanno già preparando..."

martedì 10 marzo 2009

In libreria

Ieri sono andata alla mia liberia preferita, The Reader's Bookshop. Cercavo una guida per il Brasile, ma non ce l'aveva nessuno. Il distacco tra i Caraibi e l'America Latina è sempre stupefacente. Il libraio Chris aveva la mia guida, e molto altro.

Prima di tutto mi ha detto che il nostro amico comune Ric, l'ex coinquilino di Clarissa che scriveva per la Rough Guide Trinidad and Tobago, adesso si trova a Rio, a scivere un'altra guida turistica. Quale contatto migliore per andare in giro per la città a provare bar e ristoranti? E che divertente pensare che i miei commenti potrebbero finire in una delle guide turistiche più famose del mondo!

E inoltre chiacchierando del più e del meno mi ha anche fatto una mezza offerta di lavoro. Quando torno dal Brasile potrei aiutarlo con la libreria, un giorno alla settimana. E perchè no? Starmene per una giornata intera a sfogliare i bellissimi libri dell'apparamentino-biblioteca di St. James mi pare proprio una proposta che non si può rifiutare...

Piccolo aggiornamento

Sono stanchissima, ma questa sera voglio lasciare un messaggio. E' molto che non scrivo, la vita è diventata un turbine di cose da fare. O forse Trinidad ha un po' smesso di sorprendermi. Dopo l'euforia del Carnevale e dopo la partenza di The Brother, la città è tornata a muoversi col ritmo lento e regolare di prima, con i suoi ingorghi, la luce bianca di mezzogiorno e la cantilena dell'accento locale che ondeggia per le strade.

La mia vita, invece, è cambiata. Non vivo più da Wilma, mi sono trasferita in casa di Mister K. Con lui e Gatta mi sento in famiglia. Passiamo le serate a guardare i film pirata che lui compra compulsivamente, e a parlare di libri e di avvenire. La mia amicizia con Terry è sempre più salda, la sento tutti i giorni e la vedo spesso. Quando sono con lei lascio emergere il mio lato più selvatico, vado in spiaggia con the boys e resto in piedi fino a tardi la domenica notte, dopo la raggy night al Coco Lounge.

Ho smesso di lavorare Venerdì, e sono sollevata. La noia è finita. Queste ultime tre settimane sono state penose, e mi sono trovata ad andare in ufficio la mattina solo per l'assegno che avrei ricevuto a fine mese. Insomma una perdita di tempo, ma che mi copre i costi del Carnevale. Ora ho una una manciata di giorni per prepararmi. Il mio biglietto per il Brasile mi porterà via lunedì mattina, e devo pensare a fare le valigie. Si parte!