venerdì 7 marzo 2008

Arrivo

Non racconterò del viaggio in sé, che è stato ovviamente lunghissimo e noioso, con il solo momtneo clou dell’atterraggio a Miami. Così diversa dai miei soliti atterraggi belgi e bergamaschi! Una distesa immensa e scintillante di strade perpendicolari, filari di palme, ville con piscine, tutto così grande, perfino dall’aereo… L’America! Poi a sbollire gli entusiasmi è sufficiente parlare due minuti con i tizi della dogana, pagati per essere scortesi. L’America…

Mi è venuto a prendere Jim, l’autista della UN House, che mi ha portato nella guest house da cui sto scrivendo. Una stanzetta tutta gialla, piccola e pulitissima, gestita da una signora materna e tondetta, una vera business woman tuttofare, che ha messo in piedi questo alberghetto con un qualche socio in Canada e lo gestisce in tutto e per tutto, con professionalità. In realtà non è un albergo come lo si può immaginare, è più una villetta che ha sul retro una fila di 5-6 stanzette con bagno, costruite in mattoni, dall’aspetto modesto ma nuovo, e con tutti i comfort nei limiti della loro taglia. Clarissa mi ha spiegato che un tempo erano le stanze della servitù, tutte le villette ce le hanno in questa zona della città.

Ieri Jim mi ha portata a fare un giro in centro, per farmi vedere dal finestrino della macchina le bellezze della capitale. E con mi grande sorpresa di bellezze ne ho trovate davvero! Almeno una decina di palazzi bellissimi, grandi, sontuosi, sparpagliati nel centro città con le funzioni più disparate, dalla biblioteca nazionale alla casa del presidente, dalla girl school privata ai vari ministeri. La cosa che colpisce di più di questi palazzi è sempre il colore: rosso fragola, azzurro puffo, verde menta. Sembra che siano fatte di gelato. Non so dire se si tratti di stile coloniale, ma non mi sembra, e se lo è è un miscuglio con lo stile locale, con abbondante uso di legno, terrazzi e portici sospesi.

Nessun commento: