Difficile non sentirsi soli, ogni tanto.
Nella mia stanza con le tende blu comprate a Downtown Port of Spain, con i quadretti di gatti art nouveau di Montmartre, con il pacchetto quadrato di fiammiferi fregato al ristorante di Berlino, con il volantino del festival du court-métrage di Bruxelles che chissà perchè era rimasto in valigia, con le foto in bianco e nero di Lisbona ritagliate dal giornale distribuito nell'unica buona pizzeria di Baixa-Chiado, con la cartelletta comprata alla cartoleria dell'università di Salamanca e con la cartolina gialla del mio bar preferito di Ginevra appesa sopra al letto. Col mio computer che emette radiomontecarlo che-trasmette-direttamente-dal-principato-di-Monaco e mi fa pensare a quando torno in macchina a Milano alla fine di una serata. Scorro lentamente tutti i miei contatti messenger divisi per nazionalità, tutti categoricamente grigi perchè in Europa sono le quattro di notte.
Difficile quando penso che Ana è a Madrid a cominciare una vita nuova di zecca e non so nemmeno se abbia trovato casa, che Miguel è a qualche rassegna di cinema d'essay a San Paolo, che Yani è su un treno per Bologna che cerca di sopravvivere nonostante tutto, che Amy è in bilico fra due mondi, che ho perso traccia dei sogni di Giò proprio quando mi ha detto che era a un passo dal realizzarli, che Silvia scrive la sua tesi-capolavoro nel suo studio di Parigi. Che tutte le altre persone importanti che ho scovato e custodito come gemme sono ora disperse in città diverse e irreconciliabili. Che mio padre ha buttato il mio numero di telefono, che mia mamma e mio fratello ci sono sempre ma sono confinati alle iconcine di messenger e ai "lol" e ai quindici minuti di teleconferenza con la webcam una volta la settimana.
Difficile non sentirsi soli quando Orisha mi dice che non mi parla profondamente di sè perchè non abbiamo abbastanza ricordi accumulati per definirci amiche; quando Mas torna a dormire nello stesso letto dopo aver fatto finta di scappare e avermi quasi fatto impazzire, e capisco di essere stata la sola ingenua a cadere nella trappola psicologica di implorarlo di restare; quando la mia amica più calda si rivela fin troppo mediorientale e mi aggredisce perchè mi fraintende in continuazione; quando un invito al cinema è in realtà un monito alla cautela estrema per non essere fagocitata.
Quando mi trovo ad uscire con un gruppo di amici che non mi sono potuta scegliere, a cui mi sono aggrappata come a un treno preso al volo senza sapere la destinazione, giusto per non restare a terra; quando capisco che l'unica, l'unica, l'unica amicizia consapevolmente e liberamente scelta su quest'isola resterà per sempre un rapporto virtuale, e allora che diavolo di differenza c'è con gli amici in Europa; quando mi rendo conto che con Clarissa ci sono più somiglianze di quanto sembri e la vedo fragile e ferita, e ho paura di essere inevitabilmente destinata anche io ad accumulare tutta quella mole di fragilità, tutta quella massa di ferite.
mercoledì 16 aprile 2008
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1 commento:
Credo che abbia fatto bene a Mas sentire che era importante per qualcuno, in quel momento in cui ne aveva bisogno... e non importa se se lo ricorderà. Chissà che a febbraio prossimo qualcuno non ti dirà che gli spiacerà non vederti più... ;)
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