lunedì 7 aprile 2008

Dead poets society

Sotto la mia inistenza Orisha ha finalmente ceduto. Ieri sera mi ha portata al suo circolo di poesia. Era una frequantatrice abituale, tempo fa. Ora ha quasi smesso, ma io l'ho pregata, e lei non ha potuto dirmi di no. E come sempre succede con Orisha, ho avuto una serata assolutamente fuori dalle righe.

Innanzitutto il viaggio. Dato che il posto e' fuori Port of Spain abbiamo preso un pulmino che ci ha portate al paese vicino. O forse dovrei dire un disco-pulmino, dato che dentro era tutto tappezato di pelle nera e lucine rosse lampeggianti sul soffitto e sui lati, con la solita musica a manetta. E proprio di fianco al mio sedile c'era un grazioso cartellino con scritto: "Dear customers, I know that the ambience is nice, but please leave the love making for outside". Fantastico.

Dopo una ventina di minuti siamo arrivate al famoso "circolo di poesia", che tanto per cambiare non aveva nulla a che vedere con la sua definizione. Era una bar, per farla breve. Grande, fumoso, clientela tutta nera del tipo nero. Un minuscolo palchetto e gente che si esibiva a turno. Era pieno, la gente era interessata, i gruppi o i solisti salivano a cantare, a rappare, a declamare versi. Alcuni in modo assolutamente dilettantesco, altri in modo piu' serio. Interessante, senza dubbio.

Orisha conosceva praticamente tutti, mi presentava a destra e a manca, ma mi lasciava anche per i fatti miei. C'era un ragazzo carino con gli occhi dolci che ha cantato un paio di canzoni dopo aver parlato con noi nell'atrio, e sia a noi sia sul palco ha raccontato di quella volta che e' stato trattenuto a Londra perche' credevano che fosse un immigrato clandestino, mentre invece stava solo cambiando un aereo. Non so perche' ma mi ha fatto tenerezza il tono epico con cui sbandierava questa storia cosi' ordinaria, e mi ci sono in un certo senso specchiata, dato che io in fondo sto facendo la stessa cosa su questo blog.

Dopo un po' Orisha mi ha detto che ce ne stavamo andando, che saremmo tornate a Port of Spain con un gruppo di musicisti suoi amici. Io come al solito non ho fatto domande e l'ho seguita docilmente fuori, infilandomi nella loro macchina. Erano un gruppo strano. Il leader del gruppo, un rastone magro magro con occhiali neri e cappello enorme, ubriaco fino al midollo, che urlava nonsense a squarciaglola in macchina, facendoci ridere tutti. Un autista che non ha spiaccicato parola. Un bassetto sulla cinquantina che cercava di parlare con me. Un trini bianco con l'aria un po' nerd e la maglietta dei ramones. Piu' io e lei, quindi eravamo in sei, spiaccicati sul sedile posteriore. E ridendo e scherzando il rasta si e' fatto un'ulteriore boccia di rum e cola mentre stava appollaiato sulla gamba di Orisha.

Non siamo andati a casa, ma bensi' nella loro sala prove, una stanza lurida e incasinatissima, con qualche vecchia sedia, strumenti sparsi in giro, uno stereo, dei computer vecchi, assi di legno per terra e soprattutto pile e pile di contenitori per uova accatastate negli angoli, in vana attesa di essere usati per isolare acusticamente le pareti. Hanno comprato del fumo, il bianco se ne stava per i fatti suoi a pensare alla musica, Orisha come sempre chiacchierava e rollava ed era il centro di tutto, il vecchio si e' messo a suonare intensamente la sua chitarra per almeno un'ora, ispirandoci un po' tutti, il rasta era completamente fuori di testa, ballava e si agitava e ruggiva e grugniva e faceva lo scemo. Non posso descrivere la serata in un continuo ma solo in immagini sparse, dato che ero stanca morta, lottavo per rimanere sveglia e sotto gli effetti di tutto mi chiedevo cosa diavolo ci facessi in quello stranissimo posto con quella stranissima gente a quell'ora di domenica sera, e pregavo che Orisha non volesse dormire li'.

Quando finalmente ce ne siamo andati e' successa l'ultima assurdita' della notte. Io e Orisha ci interrogavamo su come rincasare, e miracolosamente un taxi si fermato proprio davanti al nostro naso. Era il figlio del chitarrista vecchio, che ha un taxi, e che passando di li' per caso aveva rionosciuto suo papa' e si era fermato a salutarlo. In un atmosfera da festa di famiglia ritrovata, io e Orisha ci siamo fatte riaccompagnare a casa gratis.

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