Ieri sono andata ad un lime di matrimonio. Due amici di amici che si erano sposati quel giorno, una cerimonia senza fronzoli, da celebrare con una festina semplice a casa dei genitori. La decisione di sposarsi era stata presa solo due settimane prima, sportivamente. Lui trinidino, lei australiana, vivono a Londra, erano qui in vacanza. "Perchè già che ci siamo non ci sposiamo?" "Massì dai, perchè no?" Detto fatto. E poi alla festa lui è arrivato in maglietta con maniche tagliate alle spalle e lei in shorts cortissimi e toppino punkettino. Erano belli così.
La festina è stata gradevole, da ritrovo di vecchi amici che si frequentano da tempo immemorabile. Qui i gruppi sono così. Gente che va avanti a vedersi dai tempi del liceo, sempre quelli. Gruppi basati su lustri di conoscenza e di storie comuni, da strati e strati di intrighi, flirt e pettegolezzi intessuti in anni di frequentzioni costanti.
Mentre ero lì pensavo che al di là delle differenze culturali ci sono anche tante cose comuni fra me e loro. A parte dettagli di superficie, quella poteva benissmo essere una festa italiana. Patatine, birre, il barbecue che fumava profusamente. Ragazze che chiacchieravano, ragazzi che ridevano. Un dj che mixavain un angolo. Solo una cosa in Italia non l'ho mai vista. Non ho mai visto gente a una festa mettersi a cantare in rap, improvvisando rime, lanciando strofe in free-style. Passandosi il microfono a vicenda per vedere chi componeva la storia migliore.
sabato 22 novembre 2008
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