E finalmente e' arrivato Carnival Tuesday! E' ora di sfoggiare i nostri costumi! Belli, colorati, bling bling bling bikinis. Scarpe da tennis per poter resistere alla camminata infinita, collant leggeri di protezione, il costumino verde con i pendagli che tintinnano, la cintura di perline pendenti e laccetti preziosi per collo, gambe e braccia. Brillantini, brillantini ovunque - che scintillano azzurri nel cuore di town. E le piume, ovviamente! Un fiore di piume verdi in testa da sfoggiare con eleganza, fingendo per un giorno di essere una vera soubrette.
Hands in the air! Hands in the air!
E' stata una festa infinita. Migliaia e migliaia di persone in costume, uomini e donne, grassi e magri, vecchi e giovani. Un sacco di ragazze bellissime ma soprattutto un sacco di ragazze e ragazzi normali che una volta all'anno decidono di essere delle vere star, dimenticandosi di chi sono, di cosa e' giusto e di cosa e' sbagliato. Fiumi di cose da bere e da mangiare, tutto senza mai fermarsi, ballando ballando ballando lungo le strade di downtown, del porto, frederik street, la Savannah. Intervallati dai judging points in cui i giudici decidevano quale fosse la band piu' bella, la lunga carovana ininterrotta proseguiva mascherata, sobbalzando frizzante nel baccanale di febbraio.
When they drink their rum, they only want roti...
Canzoni soca sconce e ossessive alimentavano l'effetto dell'alcohol. Wine wine wine, tutti ballavano su tutti, tutti erano bellissimi, tutti erano esausti e elettrizzati, inarrestabili e sfiancati da questa danza durata dodici ore sotto il sole e sotto la pioggia. Che bella la pioggia! Cosi' rinfrescante sull'asfalto bollente... Siamo stati sotto l'acqua a prenderla come se si trattasse un enorme scherzo celeste, in attesa che rispuntasse il sole accecante. Abbiamo camminato, danzato e ballato all'infinito. Alla fine ci siamo trascinati verso lo stadio, mentre il sole calava e la banda si disfava lentamente. La citta' era ancora calda e pulsante mentre i piu' si dirigevano finalmente verso casa. Lasciandoci alle spalle le ultime esplosioni crnevalesche, sentivamo il coro tribale sollevarsi in lontananza:
We-won't-stop-till-the sun-goes-up --- Winiiiiiiin'
mercoledì 25 febbraio 2009
Carnival Monday
J'ouvert e' finito alle 8 di mattina, e noi siamo dovuti andare fino a casa praticamente a piedi. Abbiamo mangiato doubles e bevuto caffe' in lattina. Il sole era gia' alto e noi eravamo sporchi. A casa giusto il tempo per una doccia con la canna nel parcheggio e un'oretta di sonno. Alle 11 si riparte - it's Carnival Monday e dobbiamo precipitarci in strada.
Il lunedi' il dress code e' informale. Pantaloncini striminziti e dorati regalati da Island People e una magliettina bianca. Ci vestiamo e usciamo al volo: per raggiungere la band dobbiamo camminare per chilometri attraverso la citta' vuota, intercettando di tanto in tanto le bands concorrenti. Alla fine la intravediamo, giu' a downtown vicino al porto. La band e' composta di 17 camion che marciano in fila, circondati dalla folla saltante ed esultante del Carnevale. La meta' di questi camion servono solo ad emettere musica, frastornante, elettrica e travolgente. Gli altri distibuiscono da bere. Tutto gratis tutto il tempo. Basta avvicinarsi e dire "rum and coke", e in men che non si dica ti ritrovi un bicchiare in mano. Tutto ben ghiacciato, dato che fa un caldo da non vederci piu'. Poi ci sono tre camion che distribuscono cibo - carne, pesce o veggie - e l'ultimo chiamato wee wee truck. Fondamentale per le ragazze.
La nostra sezione era la piu' bella, i nostri costumi i piu' chic. Per questo il nostro gruppo era il primo, proprio in testa a tutta la banda. Abbimao camminato per ore, ballando e bevendo e sorridendo nel sole caldo di town. Dai lati delle strade la gente ci guardava, alcuni ci facevano le foto. Noi ballavamo e The Borther mi chiedeva se e' proprio dero che si puo' fare wining con tutte senza che ti tirino uno schiaffo.
Dopo ore di cammino e dopo esserci ben rimpinzati di cose da bere e da mangiare abbiamo deciso di abbandonare la band e esplorare il resto della citta'. Abbimao visto bands di adolescenti dove avvenivano le manifestazioni piu' estreme del wining. O band piu' tranquille di gente piu' matura, che oscillava allegra in Ariapita avenue. Ho incontrato tutti. Colleghi, coinquilini, amici, amici di amici, gente che ho conosciuto un giorno otto mesi fa a una festa o sulla spiaggia. Siamo finalmente approdati a Tribe, la band piu' in vista di tutte a cui molti dei nostri amici partecipavano. Abbiamo ritrovato Ry e My e Ma del quartiere. Abbiamo passeggiato con loro cantando a squarciagola e tutti insime: Oh Gooooooosh, Carnival come again!
Il lunedi' il dress code e' informale. Pantaloncini striminziti e dorati regalati da Island People e una magliettina bianca. Ci vestiamo e usciamo al volo: per raggiungere la band dobbiamo camminare per chilometri attraverso la citta' vuota, intercettando di tanto in tanto le bands concorrenti. Alla fine la intravediamo, giu' a downtown vicino al porto. La band e' composta di 17 camion che marciano in fila, circondati dalla folla saltante ed esultante del Carnevale. La meta' di questi camion servono solo ad emettere musica, frastornante, elettrica e travolgente. Gli altri distibuiscono da bere. Tutto gratis tutto il tempo. Basta avvicinarsi e dire "rum and coke", e in men che non si dica ti ritrovi un bicchiare in mano. Tutto ben ghiacciato, dato che fa un caldo da non vederci piu'. Poi ci sono tre camion che distribuscono cibo - carne, pesce o veggie - e l'ultimo chiamato wee wee truck. Fondamentale per le ragazze.
La nostra sezione era la piu' bella, i nostri costumi i piu' chic. Per questo il nostro gruppo era il primo, proprio in testa a tutta la banda. Abbimao camminato per ore, ballando e bevendo e sorridendo nel sole caldo di town. Dai lati delle strade la gente ci guardava, alcuni ci facevano le foto. Noi ballavamo e The Borther mi chiedeva se e' proprio dero che si puo' fare wining con tutte senza che ti tirino uno schiaffo.
Dopo ore di cammino e dopo esserci ben rimpinzati di cose da bere e da mangiare abbiamo deciso di abbandonare la band e esplorare il resto della citta'. Abbimao visto bands di adolescenti dove avvenivano le manifestazioni piu' estreme del wining. O band piu' tranquille di gente piu' matura, che oscillava allegra in Ariapita avenue. Ho incontrato tutti. Colleghi, coinquilini, amici, amici di amici, gente che ho conosciuto un giorno otto mesi fa a una festa o sulla spiaggia. Siamo finalmente approdati a Tribe, la band piu' in vista di tutte a cui molti dei nostri amici partecipavano. Abbiamo ritrovato Ry e My e Ma del quartiere. Abbiamo passeggiato con loro cantando a squarciagola e tutti insime: Oh Gooooooosh, Carnival come again!
J'ouveeeeeeeeeeeert!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Svegliati alle 2:30 di notte, alle 3 eravamo li', con le magliettine tutte strappate e il fischietto iridescente al collo. Eccitazione, sorrisi complici, atmosfera frizzante. La musica suona, l'aria e' fresca. Continuano ad arrivare maxi-taxi carichi di persone. Il nome della nostra band e' Cesar's Army, fondata da un ragazzo di nome Jules. Abbiamo magliette di Cesare e coroncine di alloro di cartone dorato. Beviamo energy drinks per tenerci in piedi e attendiamo che inizi la grande battaglia, mentre la notte striscia piano verso il suo inevitablie destino...
E poi finalmente parte l'ordine e viene distributia la pittura, lanciata in b0ottigliette a tutti i presenti. Paint the road, paint the road. Si scatena la festa. Tutti si spruzzano pittura rossa e nera e blu e gialla addosso - in meno di dieci minuti siamo pitturati dalla testa ai piedi. Arriva una banda di percussioni, suonano quello che sembra un samba. Uomini tutti dipinti di rosso giocano con il fuoco, partono fiamme lunghe un metro dalle loro bocche. Io mi imbratto di capelli, la pelle, le scarpe. La maglietta e i pantaloncini che non verranno mai piu' puliti. Bibite alcoliche vengono distributie liberamente, a piene mani. Alle quattro di mattina si parte, e' J'ouvert e il popolo dipinto si impossessa delle strade.
Balliamo e camminiamo, camminiamo e balliamo, in strade familiari eppure irriconoscibili. Non ci sono piu' le macchine, solo le persone. La musica Soca e il ballo e i ragazzi che si avvicinano e spruzzano e si attaccano al tuo didietro e al tuo davanti per ballare e oscillare e saltare al ritmo collettivo del bacchanal carnival festival per poi andarsene con un sorriso. C'e' The Brother venuto apposta da Milano, e Mister K e la Principessa Sissy. E gli amici del quartiere Ry e My e Ly e un'altra Ly. Che mi prendevano e strappavano e facevano saltare con loro, gocciolanti di vernice, mostruosamente belli. E le vie si riempivano brulicanti e crepitanti del fiume danzante del j'ouvert. Fin quando l'alba si spacca sulla citta' in festa.
E poi finalmente parte l'ordine e viene distributia la pittura, lanciata in b0ottigliette a tutti i presenti. Paint the road, paint the road. Si scatena la festa. Tutti si spruzzano pittura rossa e nera e blu e gialla addosso - in meno di dieci minuti siamo pitturati dalla testa ai piedi. Arriva una banda di percussioni, suonano quello che sembra un samba. Uomini tutti dipinti di rosso giocano con il fuoco, partono fiamme lunghe un metro dalle loro bocche. Io mi imbratto di capelli, la pelle, le scarpe. La maglietta e i pantaloncini che non verranno mai piu' puliti. Bibite alcoliche vengono distributie liberamente, a piene mani. Alle quattro di mattina si parte, e' J'ouvert e il popolo dipinto si impossessa delle strade.
Balliamo e camminiamo, camminiamo e balliamo, in strade familiari eppure irriconoscibili. Non ci sono piu' le macchine, solo le persone. La musica Soca e il ballo e i ragazzi che si avvicinano e spruzzano e si attaccano al tuo didietro e al tuo davanti per ballare e oscillare e saltare al ritmo collettivo del bacchanal carnival festival per poi andarsene con un sorriso. C'e' The Brother venuto apposta da Milano, e Mister K e la Principessa Sissy. E gli amici del quartiere Ry e My e Ly e un'altra Ly. Che mi prendevano e strappavano e facevano saltare con loro, gocciolanti di vernice, mostruosamente belli. E le vie si riempivano brulicanti e crepitanti del fiume danzante del j'ouvert. Fin quando l'alba si spacca sulla citta' in festa.
domenica 15 febbraio 2009
Refresh
Ieri sono andata in spiaggia. Nient'altro che Maracas, ma e' stato bellissimo. Come sempre di sabato, non c'era quasi nessuno. Ho fatto un lungo bagno nell'acqua verde e balsmanca, le onde erano grandi e spumose, il cielo era coperto. Tutto era impregnato di una sensazione grigioverde di inesplicabile freschezza.
Brasile
Tra meno di un mese realizero' uno dei sogni che mi porto dietro dal tempo del liceo: un lungo e avventuroso viaggio in Brasile. Ho gia' comprato i biglietti, andata il 9 Marzo, ritorno il 3 Maggio. Otto settimane di viaggio, alla scoperta di un paese che sara' impossibile esaurire in una sola tornata. L'origine di questo sogno e' bizzarra, e mostra come la vita prenda sempre il sopravvento sulle cose, su di noi, sui nostri piani.
Non sono nata con un'inclinazione naturale verso il Sudamerica. Sono stata immune alle mode per i balli latino-americani e per la lingua spegnola che imperversavano quando ero ragazzina. Senza accorgermene, pero' tra le tante persone che frequentavano il mio liceo ho pescato proprio due ragazze Sudamericane, e ne ho fatto le mie amiche "del cuore". Una non mi parlava altro che dell'Argentina, degli spazi sterminati della pampa e dell'atmosfera libera e europea di Buenos Aires. L'altra mi cantava le lodi del Brasile, della sua societa' ardente e meticcia e della comopolita Sao Paolo. Il tutto si e' ingigantito quando entrambe hanno cominciato a viaggiare e conoscere le loro terre, tornando a casa cariche di racconti esotici, fotografie mozzafiato e ricette culinarie di cui ero tra le principali beneficiarie.
Il tempo passa, e a vent'anni trovo un fidanzato portoghese di cui non posso fare a meno di apprendere la lingua e la cultura. Ho anche vissuto nel suo paese, assorbendo i suoni, gli accenti e la sensibilita' lusofona. In Portogallo e' facile sentir parlare delle ex colonie, la tv e' satura di telenovele brasiliane e la bossanova suona nelle radio molto piu' che altrove. Dovendo scegliere un case study per la mai tesi, mi sono detta perche' no? Il Brasile.
L'interesse saliva, ma la vita mi portava altrove. Ho continuato a studiare e lavorare nella vecchia Europa, fin quando durante il mio Master ho stretto amicizia con una ragazza portoghese. Appassionatissima per il Brasile. Contro ogni aspettativa e piano, siamo finite entrambe a Bruxelles per la seconda parte del programma, e ci siamo avvicinate tantissimo. Le scriveva la sua tesi sul Brasile, me ne parlava tutti i giorni. Quando e' andata a fare laricerca sul campo io l'ho aiutata a fare le valigie e la sono andata a prendere in aeroporto al ritorno. Nel frattempo, il mio ex fidanzato portoghese trovava un'eccellente opprtunita' di stage in Brasile.
Pochi mesi dopo, la mia amica brasiliana del liceo si e' lasciata Milano alle spalle per tornare finalmente nella sua San Paolo. Allo stesso modo, la mia amica portoghese del Master si e' trasferita stabilmente a Rio de Janeiro. L'ex ragazzo e buon amico sta pensando di restarci, dice che ci sono piu' opportunita' che a Lisbona. Anche le persone piu' insospettabili nella mia vita hanno cominciato a interessarsi al Brasile. La mia amica filosofa Cil ha deciso che scrivera' la sua tesi di dottorato su una scrittrice brasiliana, ne abbiamo parlato a lungo sorseggiando le sue impareggiabili tisane tra Milano e Parigi.
Dal canto mio, non ho mosso un dito. Ho mandato l'application per diventare una UN volunteer, e dopo che mi era stata promessa l'Africa mi sono ritrovata qui, nel continente americano. Attraversando l'Oceano Atlantico, ho promesso a me stessa che non avrei lasciato questa parte di mondo senza aver messo piede nel magnetico Brasil.
Non sono nata con un'inclinazione naturale verso il Sudamerica. Sono stata immune alle mode per i balli latino-americani e per la lingua spegnola che imperversavano quando ero ragazzina. Senza accorgermene, pero' tra le tante persone che frequentavano il mio liceo ho pescato proprio due ragazze Sudamericane, e ne ho fatto le mie amiche "del cuore". Una non mi parlava altro che dell'Argentina, degli spazi sterminati della pampa e dell'atmosfera libera e europea di Buenos Aires. L'altra mi cantava le lodi del Brasile, della sua societa' ardente e meticcia e della comopolita Sao Paolo. Il tutto si e' ingigantito quando entrambe hanno cominciato a viaggiare e conoscere le loro terre, tornando a casa cariche di racconti esotici, fotografie mozzafiato e ricette culinarie di cui ero tra le principali beneficiarie.
Il tempo passa, e a vent'anni trovo un fidanzato portoghese di cui non posso fare a meno di apprendere la lingua e la cultura. Ho anche vissuto nel suo paese, assorbendo i suoni, gli accenti e la sensibilita' lusofona. In Portogallo e' facile sentir parlare delle ex colonie, la tv e' satura di telenovele brasiliane e la bossanova suona nelle radio molto piu' che altrove. Dovendo scegliere un case study per la mai tesi, mi sono detta perche' no? Il Brasile.
L'interesse saliva, ma la vita mi portava altrove. Ho continuato a studiare e lavorare nella vecchia Europa, fin quando durante il mio Master ho stretto amicizia con una ragazza portoghese. Appassionatissima per il Brasile. Contro ogni aspettativa e piano, siamo finite entrambe a Bruxelles per la seconda parte del programma, e ci siamo avvicinate tantissimo. Le scriveva la sua tesi sul Brasile, me ne parlava tutti i giorni. Quando e' andata a fare laricerca sul campo io l'ho aiutata a fare le valigie e la sono andata a prendere in aeroporto al ritorno. Nel frattempo, il mio ex fidanzato portoghese trovava un'eccellente opprtunita' di stage in Brasile.
Pochi mesi dopo, la mia amica brasiliana del liceo si e' lasciata Milano alle spalle per tornare finalmente nella sua San Paolo. Allo stesso modo, la mia amica portoghese del Master si e' trasferita stabilmente a Rio de Janeiro. L'ex ragazzo e buon amico sta pensando di restarci, dice che ci sono piu' opportunita' che a Lisbona. Anche le persone piu' insospettabili nella mia vita hanno cominciato a interessarsi al Brasile. La mia amica filosofa Cil ha deciso che scrivera' la sua tesi di dottorato su una scrittrice brasiliana, ne abbiamo parlato a lungo sorseggiando le sue impareggiabili tisane tra Milano e Parigi.
Dal canto mio, non ho mosso un dito. Ho mandato l'application per diventare una UN volunteer, e dopo che mi era stata promessa l'Africa mi sono ritrovata qui, nel continente americano. Attraversando l'Oceano Atlantico, ho promesso a me stessa che non avrei lasciato questa parte di mondo senza aver messo piede nel magnetico Brasil.
domenica 8 febbraio 2009
Flash-back
Trinidad ha risvegliato lati del mio carattere che non si manifestavano dal tempo dell'infanzia. A volte mi sembra di mordere una madelaine. Tutto torna indietro a quando ero bambina, a piedi nudi in Sardegna. Ho passato estati su estati vicino al mare, annusandone l'odore nel vento, giocando nell'acqua per ore di fila immaginando di essere una sirenetta. Tutta la natura era meravigliosamente aspra e rovente. I gigli selvatici che crescono nella sabbia, i cumuli di alghe binchi di salsedine, le pietre appuntite che tagliano i piedi, l'odore del mirto, la luce gialla del mezzogiorno. I rovi che graffiano le gambe, le rocce su cui arrampicarsi, il vento potente di maestrale. Le bacche, le olive, le querce da sughero. I cespugli di rosmarino. Io mi sentivo immensamente selvatica.
Qui a Trinidad a volte provo emozioni simili. Quando sto sulla spiaggia fino a dopo che tramonta il sole, quando non rimane piu' nessuno e la luna spunta sopra alle montagne. Quando sono le 3 di notte e si decide che e' troppo presto per tornare a casa. Quando ci si schianta sulle onde alte, quando si va a Macaripe la mattina presto. Quando si balla tantissimo, quando si va a una festa di sconosciuti. La stessa sensazione di liberta', di capelli salati e scompigliati e graffi e pelle bruciata. Terry me lo dice sempre, quando torniamo dalla spiaggia. "Tu sei bella cosi'. Non con i capelli lisci e con una piega perfetta. You belong just as you look right now".
Qui a Trinidad a volte provo emozioni simili. Quando sto sulla spiaggia fino a dopo che tramonta il sole, quando non rimane piu' nessuno e la luna spunta sopra alle montagne. Quando sono le 3 di notte e si decide che e' troppo presto per tornare a casa. Quando ci si schianta sulle onde alte, quando si va a Macaripe la mattina presto. Quando si balla tantissimo, quando si va a una festa di sconosciuti. La stessa sensazione di liberta', di capelli salati e scompigliati e graffi e pelle bruciata. Terry me lo dice sempre, quando torniamo dalla spiaggia. "Tu sei bella cosi'. Non con i capelli lisci e con una piega perfetta. You belong just as you look right now".
Fashion fete
Ieri sera sono andata ad una fete carnevalesca molto in al country club, in un bello spazio aperto con prato all'inglese e padiglioni in bianco. Bibite a non finire, diversi stand con cibi diversi a cui attingere liberamente, perfino un piccolo banchetto che distribuiva gelati. Tre concerti di fila, tutti ballati senza interruzione. Udite udite, ho capito che si', sono ormai capace di ballare "alla trinidina". Wining wining. Nulla di acrobatico, ma il sufficiente per sentirmi parte della festa e per dare il meglio di me a Carnevale. Mi chiedo se quando tornero' in Italia saro' piu' capace di ballare in modo "normale"...
La serata e' stata deliziosa. Mister K mi divertiva con pettegolezzi piccanti sui cantanti e sul pubblico, ho mangiato il bake and shark piu' buono del mondo, ho stretto la mano al Ministro delle Finanze e l'unica medaglia d'oro olimpica di Trinidad (un centometrista!). Il vero marchio della festa sono stati i copricapi di paglia a falde larghe distribuiti all'ingresso, in puro stile coloniale. Io ho tirato su i capelli e inclinato il cappello. Con il mio vestitino bianco e nero a vita alta sembravo una francesina, in mezzo a tutta quella folla oscillante al ritomo della soca.
La serata e' stata deliziosa. Mister K mi divertiva con pettegolezzi piccanti sui cantanti e sul pubblico, ho mangiato il bake and shark piu' buono del mondo, ho stretto la mano al Ministro delle Finanze e l'unica medaglia d'oro olimpica di Trinidad (un centometrista!). Il vero marchio della festa sono stati i copricapi di paglia a falde larghe distribuiti all'ingresso, in puro stile coloniale. Io ho tirato su i capelli e inclinato il cappello. Con il mio vestitino bianco e nero a vita alta sembravo una francesina, in mezzo a tutta quella folla oscillante al ritomo della soca.
Lavoro
Non si deve mai dire l'ultima parola. Il giorno dopo aver scritto tutti miei commenti sull'elefante-ONU, il mio capo mi ha chiesto di rimanere un po' di piu'. Non molto, giusto il tempo di finire il mio lavoro. Chiaramente mi fa piacere, mi fa sentire apprezzata e quant'altro. Anche se una parte di me si stava gia' preparando a un mesetto di puro turismo a Trinidad, con spiaggia e escursioni e vita notturna senza limiti di orario. Il modo in cui si e' svolta la conversazione mi ha fatto sorridere. "Viviana, quand'e' il tuo volo?". "Il 9 Marzo". "Allora ti prolunghiamo il contrato fino all'8 Marzo". E perche' no?
giovedì 5 febbraio 2009
Playing mas
Ebbene si', partecipero' al Carnevale. I will play mas. Dopo mesi di indecisione, di ponderazioni, di speculazioni, ho deciso di farmi questo regalo. E sia Mister K sia il mio fratellino in visita verranno con me. I prezzi dei costumi sono paradossali, si aggirano tra i 450 e i 700 dollari americani. Ma ciononostante sono riuscita a "vendermene" uno, portando questa serie di argomentazioni:
- e' Carnevale
- il costume e' fatto a mano
- il costume e' elaborato
- e' Carnevale
- insieme al costume bello da sfoggiare martedi' alla sfilata, te ne danno anche uno piu' sobrio per il lunedi', tanto per gradire
- la band offre sicurezza, e guardie armate per proteggerci
- e' Carnevale
- avro' drinks illimitati di qualunque tipo per due giorni di baldoria
- la band offre colazione, pranzo e cena per due giorni
- avro' accesso a toilette itineranti dietro al carro (suona buffo, ma a quanto pare uno dei problemi maggiori della festa e' dove fare pipi')
E soprattutto... e' Carnevale!
Quello che vedete e' il mio costume...
mercoledì 4 febbraio 2009
Note to self
Tra le belle personcine incrociate ultimamente figurano indubbiamente Sheela e David. Lei Americana, lui Inglese. Lei zuccherina, lui speziato di humour britannico. Girano il mondo scrivendo libri sull'opportunita' di investimento in vari paesi. Dopo aver lavorato per un'azienda del settore ed essersi incrociati in varie destinazioni nei cinque continenti, hanno deciso che era il momento di sposarsi e di aprire il loro business indipenedente. Per ora hanno coperto la Turchia, Malta e Trinidad e Tobago, dove lui ha scoperto l'aqua di cocco (I am severely addicted, I can't drink normal water any longer), e lei ha scoperto di essere incinta.
L'altro giorno abbiamo organizzato una cenetta-sushi e abbiamo parlato di vita, di viaggi e della crisi economica a Trinidad. Il piu' grande fondo di investimento locale (e tra i piu' grandi nei Caraibi, con ramificazioni alle Cayman) e' sprofondato su se stesso quando molti grandi investitori si sono precipitati a ritirare denaro. L'azienda e' stata immediatamente comprata dal Governo, e l'esecutivo e' stato licenziato in tronco. Nell'ultima settimana a Trinidad, quando non si parla del Carnevale, si parla di questo.
Nel mezzo della discussione David ha detto una cosa interessante. Che quando si intervistano i Ministri, un po' ovunque nel mondo, ci si trova sempre davanti a un muro di parole-slogan in cui la verita' e' talmente diluita da risultare irriconoscibile. E questa non e' una novita'. Pero' poi ha aggiunto che c'e' una bella differenza tra ministro e ministro. Quelli importanti (Finanze, Giustizia, Sanita'...) sono tradizionalmente yes-men del Primo Ministro, con pelo sullo stomaco e gusto per il potere. Le interviste piu' succose e aperte si fanno invece nei ministeri minori (Pari opportunita', Ambiente, Sport...), che vengono generalmente affidati a chi fa le bizze per limitarne la sfera di inflenza. Osservazione semplice ma non banale. Da tenere a mente per quando le interviste le faro' io.
L'altro giorno abbiamo organizzato una cenetta-sushi e abbiamo parlato di vita, di viaggi e della crisi economica a Trinidad. Il piu' grande fondo di investimento locale (e tra i piu' grandi nei Caraibi, con ramificazioni alle Cayman) e' sprofondato su se stesso quando molti grandi investitori si sono precipitati a ritirare denaro. L'azienda e' stata immediatamente comprata dal Governo, e l'esecutivo e' stato licenziato in tronco. Nell'ultima settimana a Trinidad, quando non si parla del Carnevale, si parla di questo.
Nel mezzo della discussione David ha detto una cosa interessante. Che quando si intervistano i Ministri, un po' ovunque nel mondo, ci si trova sempre davanti a un muro di parole-slogan in cui la verita' e' talmente diluita da risultare irriconoscibile. E questa non e' una novita'. Pero' poi ha aggiunto che c'e' una bella differenza tra ministro e ministro. Quelli importanti (Finanze, Giustizia, Sanita'...) sono tradizionalmente yes-men del Primo Ministro, con pelo sullo stomaco e gusto per il potere. Le interviste piu' succose e aperte si fanno invece nei ministeri minori (Pari opportunita', Ambiente, Sport...), che vengono generalmente affidati a chi fa le bizze per limitarne la sfera di inflenza. Osservazione semplice ma non banale. Da tenere a mente per quando le interviste le faro' io.
martedì 3 febbraio 2009
Morte
Stamattna verso le 7 Marlon ha bussato alla porta, per portarci una notizia fresca freasca dal quartiere. Ieri notte e' stato ucciso un altro ragazzo sulla collina, il secondo questa settimana. Un colpo sparato dritto in testa. Aveva una figlia di quattro anni e una moglie incinta a casa. La bambina era con lui quando e' stato ucciso, ed e' stata ritrovata solo 5-6 ore dopo, che camminava da sola nella notte cercando il suo papa'. Il cadavere sta ancora li' per strada, lo vedono i ragazzini che vanno a scuola. Una poliziotta e' passata verso le 8:30 a farci un paio di domande. Ieri notte, sia io sia Mister K abbiamo fatto sogni di violenza e di morte.
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