Infinite sono le cose non dette e non scritte in questo ultino mese e mezzo. Il motivo di questo silenzio è il fatto che sono passata da uno stato di generale meraviglia e stordimento di fronte a ciò che vedevo, a un altro stato di interazione, di vita attiva, di integrazione con questo mondo per cui la continua osservazione distaccata sarebbe stata di intralcio più che di aiuto. Almeno questo è il motivo ufficiale. Il motivo vero è che molte delle emozioni che hanno contrassegnato questi ultimi quaranta giorni erano troppo profonde, troppo intime e troppo private per poterle trasporre su questa pagina bianca senza un minimo di protezione.
La pecarietà è la nota dominante di quest'isola, la sua più puntuale descrizione. Una precarietà che caratterizza tanto i negozietti fragili di chincaglieria di downtown, quanto la vita dei giovani di periferia, quanto i rapporti umani che si creano e si disfano in una sera. Esco con i due musicisti, così carini, cosi gentili, mi portano ai concerti, mi presentao ai cantanti, mi spiegano chi è chi e che tipo di musica fa con una cordialità che - merce rara a Trinidad - never crosses the line. Ho litigato a sangue con Samira, un sabato sera indescrivibile e violento che si è concluso con una telefonata notturna intima e calda, presagio di molto di quanto sarebbe successo in seguito. Ho ripescato Trudy, bellezza mulatta con voce da cartone animato, una delizia. Tra le presenze femminili annovero anche Gunda e Terry, ogni tanto si combina qualcosa. Non vedo i miei coinquilini che di striscio, a parte naturalmente Orisha, con cui c'è un rapporto forse meno viscerale, forse più distaccato, forse più equilibrato. Ho smesso di frequentare i miei colleghi che mi considerano troppo selvatica e che non mi stupiscono mai. Mi lascio invitare da chi mi invita, cioè i ragazzi in cerca di fidanzata, di casual sex o di qualcosa di intermedio, tanto per me sono tutti drink gratis e chissenefrega del resto. Sono un po' più cinica e spensierata, anche se cerco sempre di non mentire. E come potrei con miei occhi trasparenti? (Anita, Anita, quanto volte mi hai detto che devo cambiare?) Ma il mio telefono squilla spesso, tutto fila liscio. Comincio ad arrivare alle serate o alle feste e accorgermi che conosco gente, Port of Spain è piccola e la comunità intellettuale è microscopica. Salto da una conversazione all'altra come un trapezista del circo, sentendomi leggerissima mentre volteggio nel vuoto.
Forse tanta leggerezza mi deriva dal fatto che sto consapevolmente e deliberatamente prendendo un rischio. Sto decidendo di fidarmi - almeno parzialmente, ma di fatto integralmente. Non bisognerebbe mai rischiare, soprattutto quando si è senza rete. Ma come dice Giò la vita un soffio, non c'è tempo per esitare. E poi mi cita Silvia: corri, che sei nel cuore selvaggio della vita. Ergo, tanto vale provare il tutto e per tutto. Al limite mi schianterò al suolo. E che mai sarà? ;)
domenica 1 giugno 2008
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